martedì 31 ottobre 2017

Ironiche (ma non troppo) considerazioni su movieholic, falsi critici e Doña Liber

Cercando una foto da aggiungere alla micro-recensione #346 del 2017, mi sono imbattuto in un divertente, ma molto arguto, post pubblicato su revistacinefagia.com dal titolo appunto La mujer que no tuvo infanciaL’articolo, a firma di  Marco González Ambriz, inizia con una considerazione che posso riassumere così: 
Ci sono nomi che fanno impallidire anche il più irriducibile “cinéfago” e che sono capaci di curare chiunque dalla dipendenza dalla settima arte
Fra i suddetti attori e registi include perfino nomi di fama internazionale come Manuel de Oliveira e Theo Angelopoulos (ovviamente qualcuno non è d’accordo ... e altri non hanno la benché minima idea di chi siano), per poi passare ai messicani e prosegue: 
“Ciò che li accomuna è che i loro film non devono essere viste neanche per scherzo. La cinefagia ha i suoi limiti. Giunge un momento nella vita di chiunque nel quale ci si deve chiedere se vale la pena di sorbirsi film come Parola e Utopía giusto per “completismo”. E’ vero che per i veri amanti del cinema l’importante è divorare quanti più film possibile (François  Truffaut diceva “Tre film al giorno, tre libri alla settimana, dei dischi di grande musica faranno la mia felicità fino alla mia morte” n.d.r.) senza preoccuparsi dei riconoscimenti o dei record di incassi, ma questo a volte conduce a esperienze molto poco gradevoli. Per questo motivo è consigliabile conoscere la lista di attori, registi, sceneggiatori da evitare ad ogni costo.”
E qui entra in gioco Libertad Lamarque, da alcuni vista come
l'emblema del melodramma lacrimevole e stucchevole, con sentimentalismo superficiale, esagerato e falso, che servì da modello per la creazione delle telenovelas, che lo superarono in quanto a morale ipocrita e ad idiozia, fino a divenire intrattenimento preferito di spettatori cerebrolesi.” (sic!)
Per onor del vero Doña Liber (così veniva chiamata) si guadagnò questa fama con numerose interpretazioni del genere tanto che molti giovani messicani che non focalizzano immediatamente ottimi caratteristi come Joaquín Pardavé, Andrés Soler o Sofía Álvarez, collegano invece immediatamente il nome Libertad Lamarque a quella signora con accento argentino che sparge lacrime a iosa, si mette le mani nei capelli, si lamenta delle sue sventure strepitando a piena voce e, appena può, canta ... una specie di Julie Andrews latina.
A questo punto Marco González Ambriz attacca senza mezzi termini Emilio García Riera (autore della “Historia Documental del Cine Mexicano”, 18 volumi nei quali commenta oltre 3.500 film prodotti fra il 1929 e il 1976) contestandogli di essere un “collezionista di dati” e non uno storico del cinema. Le critiche mosse a La mujer que no tuvo infancia dimostrano palesemente che non avesse visto il film che invece, secondo lui, è una sottile e arguta presa in giro di quel tipo di melodrammi di medio e basso livello, pieni di luoghi comuni, personaggi stereotipati e gioventù assolutamente poco rispondente alla situazione reale che alla fine dei ’50 si evolveva rapidamente. In pratica sostiene che, nonostante la presenza della famigerata Libertad Lamarque, il film ha i suoi pregi e quindi implicitamente la esclude dalla lista nera.

346 La mujer que no tuvo infancia (Tito Davison, Mex, 1957) 
con Libertad Lamarque, Pedro Armendáriz, Elsa Cárdenas * IMDb  7,5
Personalmente sono d’accordo con González Ambriz in quanto mi pare evidente che Tito Davison (regista e co-sceneggiatore del film, certo non fra i più titolati cineasti messicani ma lungi dall'essere un inetto incapace) tratta la storia, di per sé abbastanza scontata, senza eccessi, con garbo, senza personaggi troppo poco plausibili e con una buona dose di satira sociale dipingendo un ambiente già ampiamente sfruttato in precedenza, ma quasi sempre con poco gusto, e mirando al ridanciano di basso livello.
Nel film Libertad Lamarque, già sposa bambina e appena divenuta vedova, soffre di uno sdoppiamento della personalità (più che altro dell'età) e si trova a combattere gli avidi e bigotti vecchi cognati Matilde, Cleotilde e Andrés, per fortuna con l'aiuto dell'esecutore testamentario interpretato da Pedro Armendáriz che certo non ricorderà questo film come uno dei suoi più memorabili, ma probabilmente si divertì a non interpretare (una volta tanto) il cattivo, duro, rude classico macho messicano ... non per niente Luis Buñuel lo ritenne perfetto per il ruolo di protagonista in El bruto (1953).
   
In effetti Libertad Lamarque negli anni ’40 era già famosa attrice drammatica e apprezzata interprete di boleri, tango e canzoni popolari latine e a quel tempo si guadagnò il soprannome "La Novia de América" (la sposa dell’America), ma dopo una decina di anni era diventato “Regina del melodramma".

Con un salto di oltre 30 anni, mi accingo alla visione di una decina dei 15 film che non ho ancora visto delle “30 mejores peliculas mexicanas 1990-2012”.

sabato 28 ottobre 2017

El Día de Muertos (Giorno dei morti) grande FESTA tradizionale messicana

La celebrazione del Día de Muertos (Giorno dei morti) è una delle tradizioni più antiche del Messico anche se in ogni stato si svolge con piccole differenze. Non ha assolutamente niente a che vedere con la commemorazione dei defunti cattolica, né con il pagano e molto più moderno Halloween, non c’è niente di triste o tetro, al contrario è una vera e propria festa nella quale i vivi si incontrano con le anime dei morti che vengono a trovare amici e parenti e offrono loro una abbondanza di sapori, odori, colori e musica.
L’origine del culto è precolombiano ed è legato alla dea Mictecacíhuatl (nella mitologia azteca regina del regno dei morti Mictlán) che rappresentava il principio e la fine della vita. La sua testa era un teschio con la mandibola aperta e dalla sua bocca usciva un guerriero, simboleggiando principio e fine della vita. Con l’arrivo degli spagnoli (e del cattolicesimo) molte riti “pagani” furono proibiti e quindi soppressi mentre altri, come questo, furono modificati e assimilati ad analoghi ricorrenze religiose. Per esempio il cosiddetto Carnevale che si festeggia in Chiapas si chiama così ma segue uno svolgimento conforme alla festa dei “giorni vuoti”, i 5 giorni che mancavano al calendario Maya per pareggiare i 365 giorni dell’anno solare.
   
Il Día de Muertos fu così accostato alla commemorazione dei defunti del 2 novembre ma, essendo una festa articolata e pieni di significati e simboli, ancora oggi ufficialmente si celebra il 31 ottobre, l’1 e il 2 novembre anche se, in effetti, le feste iniziano il 28 ottobre. Ogni giorno è collegato a un particolare tipo di decesso: il 28 si incontrano le anime delle persone morte in modo violento, il 30 quelle dei bambini morti primi di essere stati battezzati e il 31 di quelli morti prima dei 12 anni, l’1 quelle dei morti per cause naturali e malattie finché a mezzogiorno del 2 novembre le anime dei defunti tornano da dove sono venute, mentre i vivi smontano gli altari e ripongono (o finiscono di consumare) le offerte.
Per i messicani è una FESTA a tutti gli effetti e quindi non è tempo di piangere ma di celebrare la vita dopo la morte e in essa si amalgamano gastronomia, musica, unione della famiglia, arricchite da tanti altri aspetti della loro cultura tradizionale. 
Nel suo complesso è talmente radicata e importante da essere riconosciuta dall’UNESCO come patrimonio orale ed immateriale dell'Umanità, essendo “tradizionale, contemporanea e attuale allo stesso tempo, integratrice, rappresentativa e comunitaria”.
La festa prevede, fra le tante altre cose, l’addobbo di tombe, lapidi e altarini casalinghi con una varietà di oggetti che aiutino a richiamare e dirigere le anime che tornano fra i vivi. Nell’immagine al lato sono raccolti molti di tali elementi e riassunti vari significati: cibo preferito di ciascun defunto, fiori, acqua, pane, oggetti di artigianato locale, fotografie, dolci a forma di teschio, liquori, candele, giocattoli e altri ricordi. Inoltre, si organizzano sontuosi banchetti, tutti si vestono a festa (e non certo a lutto), la tequila non manca e la musica più ascoltata è quella tradizionale dei mariachi che cantano rancheras.
Ma i simboli che si vedono di più sono senz’altro teschi (calaveras) e scheletri, i primi soprattutto sotto forma di dolci di zucchero di canna i secondi legati alla famosa Catrina nome attribuitole dal muralista Diego Rivera (marito di Frida Kahlo). Questi addirittura le riservò un posto d’onore nel suo famoso mural Sueño de una tarde dominical en la Alameda Central fra i circa 150 personaggi emblematici della storia del Messico. 
Per la precisione la Catrina si trova proprio al centro dell’enorme dipinto (largo 15 metri per 5 di altezza, esiste un museo dedicato praticamente solo a quest’opera), al braccio del suo creatore José Guadalupe Posada e tenendo per mano il giovane Diego Rivera, alle cui spalle si trova Frida Kahlo
Il disegno originale del 1910 (Calavera garbancera, trad. teschio di venditrice di ceci, immagine a sx) è opera del suddetto caricaturista José Guadalupe Posada, il quale con quello scheletro “nudo” ma con cappello alla moda con relative piume di struzzo volle rappresentare gli indigeni che, rinnegando la propria etnia, cultura e tradizione, volevano apparire come europei. Solo successivamente  Rivera la “vestì” e le attribuì il nome con il quale oggi è da tutti conosciuta che significa ben vestita, ma più appariscente che elegante.  
In Messico, esattamente in questo periodo festivo, è ambientato il più recente film della Pixar-Disney, in uscita in Italia a Natale: Coco.

lunedì 23 ottobre 2017

Torno a parlare dell'ottimo cibo tradizionale portoghese

Giunto a due terzi di questo mio ennesimo soggiorno portoghese (stavolta solo un paio di settimane) posso dire di aver portato a termine quasi tutti i miei piani, certamente quelli principali relativi a visite/foto a Sintra, film (alla Cinemateca Portuguesa e in sala) e, manco a dirlo, cibo! E di questo vado ora a "discettare" ...
La varietà di piatti tradizionali portoghesi (ottimi sapendo dove andare) è impressionante, e ci vorrebbero mesi e mesi per provarne abbastanza. Dovendo limitarsi (per mancanza di tempo) ad una minima percentuale di essi bisogna farsi guidare dal proprio naso, dalle proprie preferenze, dalla stagionalità dei prodotti, prestare attenzione alle ricette regionali, seguire i suggerimenti dei locali, approfittare dei pratos do dia (piatti del giorno) che , in quanto tali, sempre freschi.
Nella mia lista di desiderata avevo incluso il famoso leitão (foto di copertina), carapaus fritti, un qualche  stufato e, ovviamente, almeno un paio di piatti a base di baccalà, uno dei quali doveva essere bacalhau à Brás (che non è alla brace, ma "alla Biagio", il cuoco che ideò la ricetta - foto a sx) uno dei miei piatti preferiti ma deve essere ben eseguito e i 4 ingredienti fondamentali (baccalà, cipolle, patate e uovo) ben bilanciati, altrimenti diventa immangiabile, ma io sapevo chi lo cucina alla perfezione: Oasis a Portimão. Il ristorante-bar ha una trentina di posti ammassati in una piccola sala, qualcun altro si può accomodare al banco o a un paio di tavolini del bar. Fra le 13 e le 13.30 è sempre stracolmo e i clienti (quasi esclusivamente locali, garanzia di qualità) fanno la fila per sedersi. 

Personalmente lo frequento da 9 anni e lo alterno con A Nossa Casa a seconda di cosa desidero ... ognuno ha le sue specialità! In questo secondo piccolo ristorante (dove ho trovato molti dei soliti clienti fissi) nmi hanno accolto Virgilio e Idalia e lì sono stato a pranzo per ben tre volte in 5 giorni: al mio arrivo mi sono "lanciato" su un bacalhau espiritual (già il nome è tutto un programma), il secondo giorno mi hanno fatto trovare i carapaus fritti (che sanno essere fra i miei piatti preferiti) e nell'ultima occasione ho mangiato una ottima feijoada à transmontana (in alto a sx) una delle tante varianti di minestre con tanti tipi di carni e verdure e tenete presente che la terrina è abbastanza profonda e a parte c'è una porzione di riso bianco che, ovviamente, andrà ad assorbire tutto cquel bel sugo ...


Il leitão non si trova dappertutto ed è opportuno andare in locali specializzati e non basta che sia una qualunque churrasqueria. Io ne ho scelto uno "famoso" (A Choupana) già sperimentato più volte, sempre affollato pur trovandosi lungo la strada statale 125 dell'Algarve senza case nelle vicinanze. Per andarci ho preso il treno fino alla stazione di Mexilhoeira grande (chiusa, lontana dal centro abitato, raggiunta solo da una strada sterrata) e poi quasi 2km a piedi. Ho trovato la solita folla (ormai il posto e segnalato da tutti e quindi ci sono anche molti stranieri) ma il leitão è sempre perfetto e viene servito con le tradizionali patate fritte (VERE!, tagliate a fette sottili e fritte al momento) e fette di arancia. A parte (e a richiesta) è d’uso avere anche una insalata di pomodori e cipolle.
Tutto ciò a Portimão e ora passiamo a Lisboa dove sono tornato più volte al Tunel de Alfama del quale già parlai tempo fa. Qui si mangia ancora nella vera e pura tradizione delle trattorie o osterie che propongono solo 2 o 3 piatti del giorno, per lo più completi, con verdure di stagione e pesci o carni locali, certamente tagli "poveri" ma comunque egualmente nutrienti se non addirittura migliori di quelli considerati "prelibati" che arrivano in tavola molto più elaborati e modificati, a prezzi esorbitanti.
Come mia abitudine, quando vedo in lista un piatto che non conosco lo prendo, senza neanche chiedere di cosa si tratti visto che, per mia fortuna, non soffro di allergie o intolleranze alimentari e non sono schizzinoso. La nuova pietanza di oggi è stata rancho à minhota (pronuncia "mignota") che significa che è della regione del Minho (migno), nuova nel senso che non l'avevo ancora gustata anche se avevo apprezzato molte altre simili minestre con carne e verdure miste come la già citata feijoada à transmontana. Qui c'erano una gran varietà di pezzi di carne, bovini e suini, chouriço, fagioli, pasta, verza, carote, cavolo e cipolla.
A proposito del Tunel de Alfama, devo sottolineare che, incredibilmente, il prezzo del menù giornaliero completo (sopa, prato do dia, pane, vino, dolce e caffè) è di soli 6,50 euro e le porzioni sono estremamente abbondanti (e di vino ne servono mezzo litro!). La terrina che vedete nella foto era dello stesso diametro di un piatto (compreso bordo), era alta almeno 4 o 5 cm e il cibo superava il bordo ... in un ristorante "normale" una tale quantità sarebbe stata divisa in 2 generose porzioni o 3 standard. 
E' importante sottolineare che, a servizio (quasi) terminato, il gestore, la cuoca e l'addetta ai tavoli si accomodano in sala e mangiano le stesse pietanze proposte nel menù, scegliendole fra quelle (eventualmente) rimaste.  
   
Ho aggiunto queste ultime due foto "significative", scattate in occasione della mia prima visita al Tunel de Alfama di questo viaggio. A sinistra c'è l'ingresso (per la verità poco invitante, ma fidatevi) a Rua dos Remédios 132Alfama, ma ora sapete dove andare; a destra c'è il tavolo dei miei vicini, due operai che si sono ripuliti quelle terrine di dobrada com feijão branco (trippa e fagioli bianchi) una classica ricetta del Portogallo settentrionale. Notate che già hanno cominciato a mangiare dal loro piatto (quasi pieno) e ciononostante c'è ancora tanta trippa e fagioli nelle terrine!  

mercoledì 18 ottobre 2017

Moderni mezzi di trasporto per turisti a Lisbona

I pigri che vogliono andare in giro per Lisbona senza usufruire dei normali e "banali" mezzi di trasporto hanno ormai una vasta possibilità di scelta. Lasciando da parte taxi, metro, tram, bus e via discorrendo e prima di arrivare alla più recente novità (almeno così mi pare, foto di apertura), illustro varie altre possibilità più o meno originali.
E’ letteralmente scoppiata la mania dei cosiddetti tuk-tuk (termine importato dal sudest asiatico) che, rispetto alla mia ultima visita di un paio di anni fa, si sono a dir poco decuplicati. Quelli costruiti su telaio della classicissima Ape Piaggio che già imperversano in Italia a metà del secolo scorso, in particolare in località turistiche, soprattutto quelle isolane, sono forse raddoppiati di numero sono stati ampiamente superati da tricicli ben più grandi, moderni e potenti, per fortuna con motore elettrico. Si stanno rapidamente diffondendo e grazie alla maggiore superficie della carrozzeria si stanno sbizzarrendo a renderle piacevoli alla vista con un tocco di arte tradizionale. Guardate per esempio queste due che appaiono ricoperte di azulejos con i classici motivi portoghesi.
Per un tour in gruppo, evitando i visti e rivisti bus scoperti panoramici, ci si può imbarcare (nel vero senso della parola) su questo mezzo anfibio capace di percorrerele strade di Lisbona cosi come di navigare sul Tejo (fiume Tago).
Per essere invece più indipendenti senza ricorre alle solite bici (elettriche o meno) e motorini ci sono questi piccoli monoposto elettrici indipendenti e queste macchinette biposto con motore a 2 tempi (molto rumorose e puzzolenti) che tuttavia ho quasi sempre visto andare in carovana, guidati da un accompagnatore e seguiti da altro assistente.
Infine, se non si vuole fare il giro in Segway (aka biga, ormai inflazionato) anche in questo caso incolonnati dietro una guida, ecco la SITGO sua evoluzione sulla quale tuttavia si sta seduti invece che in piedi che, a prima vista, mi sembra estremamente scomoda, specialmente per quelli un po' più alti.  
Mi diverte osservare queste novità, ma soprattutto guardare quelli (più o meno incapaci) che utilizzano i suddetti mezzi indipendenti in modo poco adeguato se non pericoloso per se e per gli altri, piombando nel traffico o sui marciapiedi affollati con “grande gioia” di automobilisti e pedoni.
Io preferisco continuare ad andare a piedi, ma devo stare sempre più attento in quanto non si sa da dove arriverà il prossimo pericolo! 

venerdì 13 ottobre 2017

“Lumiere!” (Thierry Frémaux, Fra, 2016)

315 “Lumière!” (documentario di Thierry Frémaux, Fra, 2016) 
con Auguste e Louis Lumière, tanti membri della loro famiglia e amici e tanta, tanta gente di ogni tipo
Nei primi 10 anni di esistenza del cinematografo i fratelli Lumière gettarono le basi del linguaggio, della grammatica e della sintassi di quella che sarebbe divenuta la Settima Arte e sperimentarono tutto quanto possibile con i mezzi dell'epoca. Certo mancava lo zoom e movimenti di macchina dei quali oggi si fa tanto uso e spesso abuso, ma riuscirono a realizzare carrellate avanti, indietro, verticali e laterali, montaggi, composizioni e angoli scelsero originali angoli di ripresa successivamente "copiati" da grandi registi di 50 e anche 100 e passa anni dopo.
I loro film standard erano di appena 50 secondi, se ne conoscono quasi 1500, ma certamente ne realizzarono molti di più, in tutto il mondo. Questo eccezionale documentario (parlando di Cinema sembra quasi un termine riduttivo) si chiude proprio con delle emozionanti riprese in Vietnam, non proprio dietro l'angolo, con un archetipo di carrellata all’indietro a cura dell’operatore Gabriel Veyre (per conto di Louis Lumière) che fissò la cinepresa su un rickshaw nel villaggio di Namo. (non vi perdete la visione di questi bambini che inseguono la cinepresa!)
Il lavoro di Thierry Frémaux (sponsorizzato dal Centre National de la CinématographieInstitut Lumière e da Betrand Tavernier) comprende oltre cento filmati, tutti perfettamente restaurati, divisi in 10 capitoli (lavoro, passatempi, famiglia, città, ...) con incredibili riprese di acrobati, di fatti di cronaca, di gare sportive popolari come le bocce e corsa nei sacchi, fino partenza della Lione - Ginevra - Lione in bicicletta, preparazione militare (vedi filmato in basso,  l'allenamento quasi ridicolo di combattimento corpo a corpo degli chasseurs alpins, ricorda un po' il Tai Chi, accelerato). 
L'ottimo commento del realizzatore Frémaux è sempre pertinente e interessante, ricco di analisi "tecniche", spiegazioni in merito alle riprese e all’ambiente descritto, e riferimenti a film e registi famosi di molti decenni più tardi.
Concludo proponendovi un ultimo filmato, la famosa “Danse Serpentine” (1896) interpretata dall'etoile Loie Fuller successivamente parzialmente colorato a mano.
L'avevo scritto prima di guardarlo (sapendo cosa aspettarmi) e ora ne sono più che mai convinto: ogni cinefilo, per quanto di primo pelo o giovane abituato a effetti speciali, CGI e 3D, dovrebbe guardare con molta attenzione questo centinaio di "perle", che già mostrano una gran tecnica di linguaggio cinematografico, prima della sostanziale svolta impressa da Georges Méliès con l'introduzione dei suoi tanti trucchi ... i primi effetti speciali!
IMDb  8.3

lunedì 9 ottobre 2017

Finalmente torno al cinema in sala ... e a molto altro ...

Fra due giorni ricomincerò a godermi (spero) film sul grande schermo, in buone sale, tutti in versione originale. 
Ho la fortuna di arrivare a Lisboa proprio nel bel mezzo di una rassegna esaustiva dei film di Jean-Pierre Melville, unanimemente giudicato il precursore (e certamente uno dei più importanti registi) del noir francese e spesso citato col nomignolo di Le samouraï, titolo del suo film più famoso (1967, con Alain Delon8,1 per IMDb, 100% per RottenTomatoes). Avrò così modo di colmare quasi tutte le mie lacune aggiungendo 4 dei suoi film ai 6 inclusi nel cofanetto in mio possesso e quindi me ne rimarranno solo 3 (ne ha diretti appena 13).
Melville si distinse rifacendosi allo stile dei noir americani distinguendosi così dai colleghi francesi dell'epoca e, pur non facendo parte della ristretta cerchia dei fondatori della Nouvelle Vague, ha certamente influenzato i loro lavori. Con i suoi film ha inoltre contribuito all’affermazione di attori come Alain Delon, Jean-Paul Belmondo, Lino Ventura.
Il ciclo è ovviamente proposto dalla Cinemateca Portuguesa - Museu do Cinema che nei giorni di mia permanenza nella capitale lusitana propone anche qualche altra chicca alla cui proiezione certamente non mancherò: Pierrot le Fou (Jean-Luc Godard, 1965, distribuito in Italia con l’insulso titolo Il bandito delle 11), Grizzly Man (Werner Herzog, 2005), Dersu Uzala (Akira Kurosawa, 1975). Gli ultimi due titoli, che saranno proiettati di seguito come double bill (con una pausa di 20’, biglietto unico), mi riportano alla mente in miei primi anni da cinefilo in quanto al Festival di Parigi del ’76 assistei alla presentazione di Dersu Uzala e alla prima mondiale di Herz aus Glas (Cuore di vetro) che mi fece conoscere Herzog del quale ho poi visto quasi tutti i film e documentari. Sono quindi ansioso di guardare la settimana prossima Grizzly Man nella sala grande della Cinemateca, quindi nelle migliori condizioni possibili.
    
Visto che mi troverò in una città dove i cinema non mancano, in un paese che propone film prodotti in tutto il mondo, per lo più in lingua originale, mi precipiterò anche a guardare i must del momento più vari film che mi incuriosiscono.
      
Per i primi mi riferisco ovviamente a Dunkirk e Blade Runner 2049, mentre per gli altri per ora ho preso in considerazione Good Time (dei fratelli Safdie, che vanta un ottimo 89% su RT, 92% fra i Top critics, premio miglior musica a Cannes, Nomination Palma d’Oro), It (di Andy Muschietti, 7,9 IMDb, 85% RT), The snowman (di Tomas Alfredson, appena uscito).
      
Mi incuriosiscono e attirano anche The glass castle (di Destin Daniel Cretton, con un cast di tutto rispetto: Brie LarsonWoody HarrelsonNaomi Watts), Django (di Etienne Comar, scelto per l’apertura della Berlinale 2017, 2 Nomination) e il documentario Lumiere! (di Thierry Frémaux) che propone un sacco di spezzoni originali (restaurati) delle riprese dei fratelli reputati gli inventori del Cinema, accompagnati dai commenti di Martin Scorsese; certamente per soli cinefili ma, viste le ottime recensioni, penso che debba guardalo assolutamente.
  
La parte per me "difficile" per le prossime due settimane sarà quindi quella di conciliare le visioni (molte sono uniche, non posso scegliere né data, né orario), le visite ai musei e palazzi di Sintra come Palacio da Pena (sopra a sx) e Quinta da Regaleira (sopra a dx) e ai relativi parchi e giardini (occhio alle prossime foto), le escursioni lungo la costa dell'Algarve e, non certo da ultimo, le degustazioni dei miei preferiti piatti classici portoghesi (in basso carne de porco à Alentejana, classico piatto del sud, a base di maiale, vongole e patate!), ma forse riuscirò a scoprirne altri anche se diventa sempre più difficile.

Spero di trovare il tempo di scrivere di tutto ciò, essendo tutti argomenti più che meritevoli!

domenica 1 ottobre 2017

Seconda mappa del Teide (settore sud)

Ho impostato anche la mappa dell’altra area più ricca di percorsi segnalati nella Caldera del Teide (Parco Nazionale, isola di Tenerife, Canarie), vale a dire la parte sud compresa fra il Teleférico e Guajara. Pur essendo mediamente meno spettacolare di quella di NE e meno ricca di sentieri che si intersecano offrendo agli escursionisti tante possibilità di itinerari ad anello, questo settore offre un paio di eccellenze imperdibili come l’accessibilissimo breve circuito de Los Roques de García (spettacolari, simboli del Parco e di Tenerife, foto sotto a sx) e la cima di Guajara (vista dalla vetta, foto a dx) che, con i suoi 2.718m di altezza, è seconda solo al Pico del Teide (3.718).
   
Oltre ai suddetti itinerari, è notevole anche il Llano de Ucanca (foto sotto) praticamente un deserto quasi del tutto pianeggiante (si tratta del fondo della caldera) limitato a NE da Los Roques de García e da altri imponenti torrioni rocciosi (come la Catedral e la Isla) che spuntano dalla sabbia appunto come degli isolotti.
I percorsi segnalati e interamente inclusi in mappa sono:
3 - Los Roques de García 
5 - Degollada de Guajara
15 - Alto de Guajara
16 - Sanatorio
19 Majúa
26 - Llano de Ucanca
Sono inoltre inclusi:
* i primi 4 km del percorso 4 -Siete Cañadas (dal Parador a Portillo, 16,4 km)
l’attacco del percorso 8 - El Filo (il più lungo di tutti) che dalla Degollada de Guajara corre lungo la cresta che delimita la caldera a sudest
l’attacco del 23 per Pico Viejo (dal 3 - Los Roques de Garcia)
i primi 3 km del 31 Cumbres de Ucanca

Questa seconda mappa si posiziona a sudest dell'altra e copre un'area di quasi 25 kmq (quindi circa la metà della prima). Anche stavolta per il disegno mi sono basato su altre mappe, guide, foto satellitari e tracce gps (mie e scaricate da internet) e, appena un paio di giorni fa, nel ricercare notizie aggiornate in merito alla numerazione degli itinerari segnalati dal Parco, ho scoperto che negli ultimi mesi sono stati aggiunti i seguenti 4 percorsi, portando il totale a 41:
38 - Cuevas Negras
39 - Teleférico - Montaña Blanca - Minas de San José
40 - Llano de Ucanca - Boca Tauce
41 - Barranco de Erques
Essendo così recenti, ovviamente non li ho mai percorsi e non ho neanche trovato notizie precise ed affidabili in merito al loro preciso andamento, ma già il semplice nome del 39 e la sua sommaria descrizione evidenziano che potrà essere utilizzato per un comodo passaggio fra Teleférico e Minas de San José e quindi fra le due mie mappe, senza dover camminare per quasi 3 km al margine della strada, pericolosa e poco piacevole (soprattutto comparata a tutto il resto). 
stralcio della mappa Teide sud, clicca qui per la cartina intera HD 

Pertanto, appena sarò in possesso di dati sufficienti, amplierò la mappa NE verso sud fino al Teleférico e quella meridionale verso nord fino a Montaña Blanca e Minas de San José in modo da inserire in entrambe il passaggio dall'area nordest a quella sud o, più probabilmente, ne creerò una terza, centrale e di dimensioni limitate, che si accavalli alle altre in modo da dare continuità al disegno
Comunque, chi si trovasse in loco può senz’altro cominciare a scaricare la cartina HD (gif 2176x2536 pixel) ed usarla anche prima che vada a revisionarla di persona