domenica 30 dicembre 2018

Montaña Guajara, ultima vera escursione del 2018

Alle spalle del Parador c'è El Capricho, sullo sfondo l'imponente Montaña Guajara 
A inizio anno non ebbi l’occasione di andare a verificare la via di accesso a Montaña Guajara alternativa alla classica, l’ho fatto sabato 29 dicembre. Appena un anno fa fu proposto tale collegamento fra la cima di Montaña Guajara (2.718m) e la Degollada de Ucanca, già toccata dal percorso 31 segnalato dal Parque Nacional del Teide.
Certamente non è comparabile con il percorso classico (ruta 5 + ruta 15) né come impegno, né come panoramicità, né come sicurezza, ma c’è da dire che è stato creato per dissuadere gli escursionisti a utilizzare l’ancor più rischioso camino de los alemanes (sentiero dei tedeschi), per lunghi tratti su stretta cengia esposta a NNO, spesso ghiacciata in inverno. Comunque, al già esistente ripido tratto del 31 si aggiunge ora il prolungamento del 15 che include l’impressionante passaggio nella gola rocciosa della Bocáina, una vertiginosa discesa fra rocce e pietre per niente stabili, né quelle del tracciato, né quelle ai lati o della parete ai piedi della quale corre il “sentiero” (infatti all’inizio c’è un chiaro cartello che avverte del pericolo caduta massi).
   
La foto a sx rende bene l'idea del "precipizio", quella a sx non è altrettanto efficace sia per il contrasto fra la luce della caldera e il quasi buoi della gola, sia per essere un tratto quasi in piano, ma è evidente la parete che incombe sul sentiero. 
Dando un semplice sguardo alla mappa si notano i due tratti estremamente ripidi del collegamento occidentale, molto più scoscesi dei due (tutto il e la prima parte della salita del 15) del versante opposto che non raggiungono mai tali pendenze. 
Questo percorso circolare è relativamente breve (circa 11 km) e prevede un dislivello di circa 600 metri, quindi niente di eccezionale, ma bisogna tener conto dell'altitudine e del fondo in gran parte molto accidentato.
In linea di massima è fattibile anche da chi non utilizza mezzi propri visto che il Parador è raggiungibile in guagua (bus) tutti i giorni dell’anno sia dalla costa nord (348 da Puerto de la Cruz) sia da quella sud (342 da Los Cristianos). Tuttavia bisogna tener presente che per entrambe le linee c’è una sola corsa che lascia circa 4 ore e mezza per completare il percorso e non perdere il bus di ritorno. Le viste sono varie ed interessanti, quelle dalla vetta spettacolare. Qui ib basso, nell'ordine: Parador e Roques de García - Llano de Ucanca (il fondo della caldera) - il Pico del Teide (3.718m) con al lato Montaña Blanca (2.748m) - parte del sentiero 31 (meno comoda di quanto appaia) con El Capricho a sx nella foto.
   

   
Se deciderete di andare in cima a Guajara, siate pronti ad affrontare venti abbastanza forti, sia per la quota sia per i passi attraversati (Degollada de Guajara e Degollada de Guajara), dove le raffiche acquisiscono ulteriore velocità. Fra vento e altitudine è possibile che faccia "freschetto".
   
Fra le varietà geologiche che si possono ammirare lungo il percorso, spiccano alcune pareti di pomici (foto a sx - una zona simile più a valle, molto più varia e vasta, è nota come paisaje lunar) e il singolare affioramento di El Capricho (foto a dx), oggi una delle più frequentate palestre naturali di climbing.  

In giro attorno al cono vulcanico del Chinyero


Prima di Natale ho iniziato l'esplorazione di una nuova (per me) area di Tenerife, quella circostante il cono del volcán Chinyero (1.556 m), l'ultimo nato dell'isola, dopo un “travagliato parto” durato una decina di giorni a fine novembre 1909 ... il giovincello è quindi prossimo a 110 anni.
Come è normale, gli ampi campi di lava che lo circondano appaiono ancora quasi del tutto desertici, ma in più punti sono spuntate numerose piante pioniere (così dette per essere le prime ad attecchire e crescere dopo un'eruzione) fra le quali le più evidenti sono i pini, che già da prima costituivano la vegetazione predominante e tutt’ora circondano le colate e gli ammassi di ceneri e lapilli.
   

Il Chinyero si trova lungo le falde occidentali del Teide, a meno di 4 km dal limite del Parque Nacional e a una decina di km dal cono principale che con i suoi 3.718m viene spacciato dagli spagnoli il più alto vulcano d'Europa, ma se lo è amministrativamente, di sicuro geograficamente fa parte della Macaronesia o, tuttalpiù, del continente africano.
Numerosi sentieri segnati (dal Cabildo), piste forestali e altri percorsi storici consentono l'accesso alla ruta circular Chinyero, un circuito di quasi 6 km che gira attorno al cono evitando per quanto possibile le piste e sviluppandosi fra pinete e campi di lava. 
I panorami e gli ambienti sono quindi abbastanza vari e sempre interessanti pur trovandosi in un'area relativamente limitata, sia come superficie che per altitudine, sostanzialmente fra i 1.200 e i 1.600 metri.
Peccato che, nonostante il bel tempo, ci fossero nuvole alte e compatte che raramente permettevano il passaggio dei raggi solari. Quindi la visibilità era più che buona (sullo sfondo di varie foto si vede la cima del Teide, 3.718m) ma non la luce. 
Ho in programma di tornare a breve al Chinyero non solo per esplorare nuovi itinerari, ma anche con la speranza di scatti migliori.
   

sabato 8 dicembre 2018

Animal House e qualche aneddoto

416  Animal House (John Landis, USA, 1978) * IMDb  7,6  RT 95%
con John BelushiDonald SutherlandKaren Allen, Tom Hulce, Kevin Bacon  

Il titolo originale completo è National Lampoon's Animal House ma è normalmente conosciuto come Animal House ed è senza dubbio il primo grande successo di John Landis, quello che fece anche conoscere al grande pubblico John Belushi, fino ad allora noto solo per le sue apparizioni nel Saturday Night Live. L’attore diventò poi immortale per l’altra sua famosa collaborazione con Landis (probabilmente l’unico che lo seppe gestire), vale a dire The Blues Brothers (1980), ultimo vero successo prima della sua prematura morte a soli 33 anni, nel 1982, per overdose con mix di eroina e cocaina. L’unico altro attore di fama era Donald Sutherland, ma molti degli esordienti (o comunque fin allora semisconosciuti) ebbero una carriera cinematografica da non disprezzare: Tom Hulce (Mozart), Karen Allen (vari Indiana Jones), Kevin Bacon (Mystic River, The Woodsman).
  
Varie volte ho citato questo film con cinefili sotto i 40 anni e, con mia grande sorpresa, solo pochissimi ne conoscono l'esistenza. Pur essendo un film assolutamente demenziale, si distingue nettamente da tutta quella serie di film ambientati nelle sorority e fraternity dei college americani, dando una decisa svolta di follia senza regole. Molto di ciò che accade nel film è più che improbabile per l’esagerazione, ma l’essenza, i luoghi, i riti di iniziazione, gli scherzi pesanti, le feste e le sfilate sono tutte cose vere, almeno in quegli anni. Ancora oggi, e specialmente quest'anno in occasione del quarantennale dell'uscita del film, si organizzano visite guidate nei luoghi delle riprese (molti dei quali ancora quasi identici), sia per turisti che per le matricole.
  
Pare che il rettore dell'University of Oregon una dozzina di anni prima avesse negato la disponibilità per ambientarvi parte de Il laureato (1967, di Mike Nichols, Oscar per la regia e 6 Nomination) che andò all’University of Southern California ma, dopo il gran successo del film, se n'era pentito. Appena ricevuta simile richiesta per Animal House concesse l'autorizzazione senza neanche leggere il copione ... e in questo caso si pentì di aver acconsentito. Vari anni dopo l'università tentò addirittura di nascondere la sua partecipazione, ma pur non venendo mai nominata esplicitamente, tutti sanno che il film fu girato proprio lì. Solo la sfilata conclusiva (questa veramente esagerata e quasi palla al piede del film) fu girata a Cottage Grove, piccola cittadina a una quarantina di km da Eugene.

Tuttavia, la Delta House, che avrebbe dovuto essere l’indiscusso highlight dei tour, fu demolita nel 1986 e rimpiazzata con un anonimo edificio, ma sul marciapiede fu posta una targa di bronzo che la ricorda. Curiosamente, proprio in quel periodo risiedevo a Eugene ed ebbi modo di seguire le movimentate fasi dell'abbattimento della Animal House, sede della Delta Tau Chi fraternity. Ho scritto movimentate fasi in quanto, essendo il film già un cult fra gli studenti americani e soprattutto fra quelli di Eugene, appena si sparse la voce dell'imminente demolizione dell'edificio, furono organizzate proteste, sit in, proiezioni speciali ecc. ... la casa fu comunque rasa al suolo. Quella casa fu anche la ragione per la quale Landis scelse Eugene in quanto si trovava proprio al lato di un edificio di una ricca fraternity (ancora in piedi).

Il film comprende una famosa performance di Otis Day and the Knights che interpretano Shout (in occasione del  famoso toga party) e il pezzo è diventato quello ufficiale della locale squadra di football. (non ti perdere il video)
Un film storico per più motivi e ciò è dimostrato anche dal riconoscimento ottenuto nel 2001 dal National Film Preservation BoardNel 1978 fu il secondo miglior film al botteghino in USA e Canada e si deve sottolineare che con un budget inferiore ai 3 milioni di dollari, ne incassò ben 140.

giovedì 22 novembre 2018

Al Festival di Huelva ho riscosso applausi a scena aperta ...

... come paladino dei cinefili e spettatori perbene!
Già ben conosciuto per la mia quasi onnipresenza sia in sala che alle conferenze stampa dalle azafatas (hostess), dagli addetti agli ingressi, da vari giornalisti e aficionados, nonché dall'addetto stampa, quest'ultimo ha avuto la brillante (seppur gentile) idea di menzionarmi per ben due volte nel corso della breve introduzione alla proiezione di Miriam miente (sezione ufficiale del Festival).
Più volte avevo chiacchierato con Rafa (giornalista della rete Onda Cero) il quale mi aveva anche accompagnato in un posto 3B (bueno, bonito y barato = buono, carino ed economico), mi aveva presentato giornalisti specializzati colombiani e peruani, lo staff della delegazione dominicana e altri suoi colleghi, e per questo ieri sera, nella hall del Gran Teatro, mi sono permesso di sollecitare un suo intervento per porre un freno alle frequenti accensioni di smartphone durante le proiezioni, invitandolo a fare un pubblico appello (rimbrotto preventivo) prima dell'inizio del film.

Il buon Rafa si è scusato per non averlo fatto in precedenti occasioni e mi ha detto che già qualcuno si era lamentato la sera precedente, ma non sapeva che probabilmente ciò derivava dal mio battibecco letteralmente plateale (trovandoci in platea) a fine proiezione con un imbecille scostumato che sedeva nella mia fila, per sua fortuna con due signore e sua moglie fra me e lui. Dopo averlo invitato gentilmente più volte a desistere dal suo comportamento, a fine proiezione gliene ho dette di tutti i colori e mentre le due signore redarguivano aspramente la moglie (anche lei colpevole di più accensioni) l’imbecille bofonchiava qualcosa come i bambini che mugugnano pur sapendo di aver torto, inventando le scuse più assurde. L’ho aspettato all’uscita per capire cosa avesse da ridire, ma el cobarde è sgattaiolato via senza farsi vedere.
Rafa ha iniziato la presentazione del film con un panegirico delle opportunità fornite dai Festival di incontrare cinefili di altri paesi e mi ha menzionato (come il señor Giovanni de Italia) quale uno di loro venuto a Huelva apposta per il Festival e presente a quasi tutte le proiezioni ... e fin qui tutto tranquillo. Poi, finita la breve intervista alla giovane coppia di registi di Miriam miente accompagnati dalla figlia Lia di 5 mesi, ha aggiunto che lo stesso señor Giovanni gli aveva fatto presente l'indecenza del diffuso uso di cellulari che illuminano quasi a giorno almeno un paio di file e, facendo sua la mia protesta, senza tanti giri di parole ha invitato il pubblico a comportarsi più correttamente ... e a questo punto è partito uno scrosciante applauso spontaneo, più forte e lungo di quello di prassi rivolto poco prima ai registi.
Ovviamente non era indirizzato a me come persona, ma dimostrava l'ampio sostegno alla mia lamentela nei confronti di quel 5-10% di incivili, purtroppo presenti in quasi qualunque sala (ma in un festival è ridicolo che ciò possa accadere senza che nessuno dica niente).
Spesso avere la faccia tosta di sottolineare comportamenti scorretti e/o molesti porta a buoni risultati. Alcun la reputano maleducazione, ma io la vedo come male minore. Ciò spiega gli applausi di tutti quelli che evidentemente soffrivano in silenzio per non avere la sfrontatezza di redarguire gli scostumati e si sono sentiti sollevati dal fatto che qualcuno (in questo caso io) abbia messo le cose in chiaro.

Dalla mia poltrona, poco più dietro del centro sala, durante tutta la proiezione non ho visto una sola luce di smartphone!

domenica 11 novembre 2018

Scoppio del faro di Punta Campanella: data e dati ufficiali

La ricerca della data esatta dell'evento, iniziata in primavera dopo aver cercato inutilmente notizie certe in loco (Termini e marine di Massa Lubrense), aveva dato i primi frutti quando il Comando Zona dei Fari e dei Segnalamenti Marittimi di Napoli mi comunicò che L’incendio ed il successivo scoppio presso l’infrastruttura in argomento è avvenuto il mattino del 6 agosto 1969 e, considerato che avevo anche chiesto se ci fossero notizie dell’inizio attività del faro, avevano aggiunto: ... il faro è stato attivato a cura del Regno delle due Sicilie nel 1848 su un fabbricato a due piani già esistente.
Come si evince dai post del 9 maggio 2018 (Mercoledì 6 agosto1969: scoppio del faro di Punta Campanella) e dal successivo dell'11 maggio (Spesso accade che la memoria inganni ... scoppio faro Campanella), rimasi dubbioso, in particolare per il fatto di non aver trovato sui quotidiani dell'epoca alcuna notizia in merito. 
Convinto che un ricercatore debba affidarsi ad almeno due fonti (congruenti) per accertare un episodio, in calce al secondo dei suddetti post scrissi:
Non essendo giunto ad un punto fermo, e fino a prova contraria, continuo a prendere per buona la data fornita da Marifari, unica fonte scritta in mio possesso, ma continuerò a cercare un riscontro, possibilmente inconfutabile.
Così cominciai a seguire altre piste contattando vari settori della Marina Militare, dai quali ho sempre ricevuto pronte risposte anche se, il più delle volte, mi rimandavano ad altro ufficio. 
Finalmente, a fine luglio, entrai in contatto con il personale della Direzione fari e segnalamenti del Comando Logistico della Marina Militare che mi assicurò che avrebbero eseguito le dovute ricerche (abbastanza complesse) della documentazione richiesta e mi avrebbero fornito i dati richiesti. 
A fine ottobre (mentre ero all’estero, il che spiega il ritardo nella pubblicazione di quanto segue) ho avuto la gradita sorpresa di ricevere un lungo messaggio con una serie di informazioni, sia storiche che strettamente tecniche, "estratte dal notiziario cartaceo in uso fino ai primi anni 2000 da dove si evincono tutte le modifiche occorse al segnalamento fin dalla sua attivazione da parte del Regno delle due Sicilie nel 1848”, che qui riassumo:
  • 1915: trasformato dalla Marina Militare da luce a petrolio a luce intermittente con APD (Acetilene a Produzione Diretta da carburo di calcio);
  • luglio 1965: trasformato da APD ad IE/AD (Impianto Elettrico/Acetilene Disciolto) con il cambio dell’ottica da OF-375 (Ottica Fissa da 375 mm. di diametro) a TD-500 (Tamburo Diottrico da 500 mm. di diametro) e conseguente potenziamento in portata luminosa;
  • dicembre 1967: variata la caratteristica luminosa;
  • 27 marzo 1969: a seguito del crollo di due solai, il fabbricato del faro viene dichiarato pericolante, portando al ritiro del personale ed al divieto di accesso;
  • 14 aprile 1969: a seguito dei lavori di puntellamento, viene concesso l’accesso al faro limitatamente alla zona puntellata e viene ripristinato il funzionamento con lampeggiatore semplice ad acetilene disciolto e valvola solare per l’economizzazione del gas;
  • 13 giugno 1969: viene installato il LEA (quadretto stagno con dispositivo di accensione e spegnimento automatico del fuoco) per garantire il funzionamento della sorgente IE, provvisoriamente su Torre Minerva; a seguire viene spento ed attivato il nuovo fuoco su traliccio in ferro;
  • mattino del 6 agosto 1969: esplosione del faro verificatasi a seguito di un incendio sviluppatosi all’interno della lanterna, poi propagatosi nei locali sottostanti provocando l’esplosione di 5 bombole cariche di acetilene disciolto;
  • gennaio 1974: il traliccio è stato pitturato a fasce bianche e nere;
  • dicembre 1977: il fuoco è trasformato ad alimentazione a propano;
  • 1988: rinnovato con impianto elettrico a pannelli fotovoltaici lampada bi-filamento e lampeggiatore automatico;
  • 2014: ammodernato con quadro automatico di telemonitoraggio e lampeggiatore a LED.
fonte: Direzione fari e segnalamenti del Comando Logistico della Marina Militare.

Considerato che queste ultime notizie corroborano quella precedentemente fornita da Marifari, si può affermare che non ci siano dubbi in merito alla data dell'evento. Tuttavia, a puro titolo di curiosità personale, continuerò a cercare in emeroteca notizie pubblicate in merito all'episodio in questione e fra i privati altre foto che, da qualche parte, sono convinto che esistano.
scansione da “Portolano del Mediterraneo” (volume 1b, Basso Tirreno, pag. 108)

sabato 10 novembre 2018

Gastronomia messicana, qualche novità e i tradizionali mole


Oltre a scegliere più volte piatti con contorno dei miei amati chilaquiles e mangiare un ottimo alambre (carne con peperoni, cipolla e formaggio) ho sperimentato vari nuovi piatti fra i quali rajas de chile poblano (peperoni, cipolla e formaggio, con mais opzionale - foto a sx), nopales fritti (palette di fico d'india, tecnicamente cladodi - non sono foglie), varie insalate con originali combinazioni come mirtillo palustre rosso, noci e formaggio, o chiles güeros  (peperoni oblunghi chiari -  talvolta piccanti), formaggio panela e verdura cruda, e, soprattutto, ho trovato un buon mole poblano (negro).
Penso valga la pena spendere qualche parola in più in merito ai mole in genere, varietà pressoché infinita di salse, dalle ricette tutt'altro che definite. 

I più famosi sono il mole verde, il poblano (di Puebla) e il negro, ognuno con le sue varianti che si distinguono per la predominanza o l’aggiunta di uno o più degli oltre 20 ingredienti di ciascuno di essi, alcuni sempre presenti. 
Quasi tutti includono almeno 4 tipi di peperoni (qualcuno piccante), aglio, cipolla, sesamo (ajonjolí), estratto di canna da zucchero (piloncillo), arachidi (cacahuates), cannella, chiodi di garofano, pepe nero, pomodori, anice, uva passa, mandorle, tortilla, banane (platano macho - tipo utilizzato in cucina e non come frutta - foto a sx), nocciole, brodo di pollo, semi di zucca, strutto o olio, coriandolo e cioccolato.
Ricordo che nel corso del mio viaggio dell'83, nei mercati di qualunque città o pueblo, specialmente a sud della capitale, c'erano una varietà di contenitori pieni dei diversi tipi di mole che emanavano effluvi inebrianti. Non c'era un solo punto di ristoro che non servisse almeno un mole. 
La settimana scorsa ho mangiato un ottimo pollo con mole poblano negro, con predominanza di cacao, ovviamente accompagnato da tortillas, fagioli e crema (panna acida). Nella maggior parte dei casi si presenta come una massa molto densa, pastosa, e talvolta come un semplice misto di spezie macinate. 

Se ben preparato la predominanza di turno è lieve e il sapore complessivo è chiaramente unico, derivando da tanti diversi ingredienti. Tutti i mole sono senz'altro da provare a meno che non siate allergici a uno dei tanti ingredienti o di quelli che anche nei posti più esotici mangiano pizza e pasta (carbonara e bolognese sono ormai in quasi qualunque menù per turisti) rifiutando qualsiasi nuova esperienza culinaria.
Le foto dei mole sono state scattate negli spazi esterni del Museo de las Cuturas Populares a Coyoacàn, che accoglievano tanti stand riservati ai cibi tradizionali in occasione dei giorni festivi del Dia de Muertos, il che spiega la presenza dei teschi (di zuuchero).

giovedì 18 ottobre 2018

Fra tanti film sconosciuti se ne trovano sempre di interessanti

Mi sono imbattuto nell'ennesima lista di 100 migliori film, in questo caso ibero-americani.
Nel lungo ed articolato, sommariamente analitico preambolo, l’autore mette in risalto i pro e i contro di questa classifica del 2009, comuni a tante altre liste. Attenendosi strettamente alla logica, per determinare “il miglior film” (assoluto, di un tale genere, paese, anno o regista che sia) uno dovrebbe averli visti tutti, cosa praticamente impossibile a meno di insiemi molto ridotti. Ed anche in casi come questi (p. e. per quanto mi riguarda ho visto tutti i 13 film diretti da Kubrick e anche i 30 e passa di Buñuel) comunque resterebbe la soggettività di giudizio e anche se un certo numero di persone potrebbero trovarsi d’accordo sui primi 3 o 4, ma quasi sicuramente l’ordine dei rimanenti sarebbe diverso.
Pertanto, come a tutte le altre migliaia di liste delle/dei migliori 10-100-1000 film, cibi, vini, spiagge, paesi, ristoranti, fondi d’investimento, cellulari, ... si potrebbe continuare all’infinito, anche questa va presa molto con le pinze ma ha l’indubbio vantaggio di far conoscere titoli mai sentiti neanche nominare e farne ricordare altri di cui si era persa la memoria. Sta al cinefilo “ricercatore” approfondire ed indagare “l’ignoto” e molto probabilmente ne otterrà spesso giuste ricompense, anche se inframezzate da qualche delusione.
Non meraviglia che la parte del leone la faccia la Spagna con 22, seguita dal Messico con 17 e Argentina con 13. Può sembrare strano che Brasile e Cuba (una dozzina a testa) siano così vicini all’Argentina (in linea di massima con una migliore storia cinematografica) ma si devono considerare il numero dei votanti ed il fatto che poco o niente sia giunto in Italia da tali paesi. I titoli inseriti per i 5 suddetti paesi rappresentano  i 3/4 del totale. 
In questo caso, il primo della lista è Memorias del subdesarrollo (Tomás Gutiérrez Alea, Cuba, 1968 - Memorie del sottosviluppo), seguito dai ben più noti El laberinto del fauno (Guillermo del Toro, 2006), Los olvidados (Luis Buñuel, 1950) e  Cidade de Deus (Fernando Meirelles, 2002).
      
Conoscendo già quasi tutti i film spagnoli e messicani (me ne mancano 2 su 39) e 9 dei 13 argentini, ho cominciato a colmare le mie lacune per quanto riguarda la cinematografia brasiliana e ho subito recuperato 3 film (rispettivamente all’8°, 34° e 76° posto della succitata classifica, clicca sui titoli per le micro-recensioni) giunti a loro tempo in Italia in quanto pluripremiati nei più titolati festival internazionali:
Central do Brasil (Walter Salles, Bra, 1998) tit. int. Central Station * 2 Nomination Oscar (miglior film non in lingua inglese, Fernanda Montenegro protagonista) * a Berlino Orso d’Oro e Premio ecumenico per Walter Salles, Orso d’Argento a Fernanda Montenegro * Golden Globe miglior film non in lingua inglese, Nomination per Fernanda Montenegro
Bye Bye Brasil (Carlos Diegues, Bra, 1979) * Nomination Palma d’Oro a Cannes
Tropa de elite (José Padilha, Bra, 2007) tit. it. Gli squadroni della morte * Orso d’Oro a Berlino per José Padilha
      
Mentre mi accingo a guardare un'altra decina di quelli che sono riuscito a recuperare fra i "mi mancano", vi invito a dare almeno un'occhiata ai titoli inclusi nel post Las 100 mejores películas iberoamericanas de la historia.

venerdì 12 ottobre 2018

Salvador Dalì nel Museo Reina Sofia di Madrid

Avendo già parlato sommariamente del Prado, eccomi al (Museo Nacional Centro de Arte) Reina Sofia di Madrid nel quale la star, per i miei gusti, è fuor di dubbio Salvador Dalì (1904-1989). Artista prolifico ed eclettico, personaggio emblematico del surrealismo, è stato non solo pittore, ma anche scenografo, bozzettista, scultore (autore di pregevoli fusioni in bronzo), fotografo e sceneggiatore (coautore dei famosissimi primi due film di Luis Buñuel: Un chien andalou e L’age d’or). Credo di non aver visto ancora un suo dipinto, scultura, disegno, fusione che non mi abbia conquistato, indipendentemente dal pensare di aver compresa o meno l'opera, anzi, meno la capisco e più mi affascina.
Le immagini che propongo in questo blog sono automaticamente ridotte, quindi, se volete apprezzare al meglio questi dipinti (tutti esposti al Reina Sofia), dovrete cliccare sul titolo per ottenerle in alta definizione.

Visage du Grand Masturbateur (Face of the Great Masturbator)  1929 
Un ottimo esempio di ciò e questo Il grande masturbatore, dipinto che suggerisco di osservare con attenzione in ogni sua parte.
Il non esperto ma attento e curioso osservatore (come lo sono io) si potrà chiedere com'è effettivamente composto il volto, qual è il significato della cavalletta e delle formiche, della testa di cane (?) che spunta quasi sotto l'ascella della donna (?) con un fiore (?)  sotto al  collo, delle varie conchiglie una delle quali è parte integrante di una colonna di pietre in bilico, dei due che si abbracciano ma chi è di spalle sembra di roccia, e dell'altra figura che si allontana?
Effettuando una ricerca si troveranno certo molte risposte e interpretazioni spesso contrastanti ... forse, dico forse, una di queste rispecchia le vere intenzioni dell'artista, ma potrebbero anche essere tutte fantasie di critici.
Sono oltre 100 le opere di Dalì esposte al Reina Sofia, di generi molto diversi e di epoche che vanno dagli anni '20 come il ritratto fatto all'amico Luis Buñuel  (1924, sotto a sx) agli '80. 
   
 a destra: Los esfuerzos estériles (Sterile Efforts) 1927-28 
    
La mémoire de la femme-enfant (The Memory of the Woman-Child) 1929, a sx
L'homme invisible (The Invisible Man) 1929, a dx
   
The Enigma of Hitler (1939, a sx) e Cama y dos mesitas de noche atacando violentamente a un violonchelo (Bed and Two Bedside Tables Violently Attacking a Violoncello) 1983, a dx

Nella maggior parte dei suoi lavori, quando penso di essere riuscito a rendermi conto del tutto, scopro sempre altri particolari minimi eppure senz’altro significativi (è impensabile che le abbia inserite per caso), figure orientate diversamente dalle altre e quindi non immediatamente leggibili, disegni dentro altri disegni come scatole cinesi.

Le foto scaricate dal sito ufficiale del museo, nel quale potrete trovare l’intera collezione permanente.

giovedì 11 ottobre 2018

Al Prado di Madrid, come in tanti altri musei, è inutile scattare foto

Come mio solito, nel corso dei miei viaggi, oltre a girovagare (talvolta senza una meta precisa) ed ad andare al cinema, visito musei di ogni tipo, in particolare quelli d'arte, storia naturale, antropologia, archeologia, tecnologia e quelli di nicchia se il tema è di mio interesse. 

Per fortuna di tutti gli amanti dell’arte (anche se sembra che molti non se ne rendano conto) la maggior parte dei migliori musei mettono a disposizione degli utenti perfette foto a buona/alta definizione di quasi tutte le collezioni. L’idea è quella di far visitare tali musei in modo virtuale stando comodamente a casa, di poter notare dettagli che perfino dal vivo non si riescono ad apprezzare, limitare il numero di “fotografi d’arte dilettanti” che si piazzano davanti al dipinto con smartphone e macchine fotografiche, indipendentemente dal fatto se sia ufficialmente consentito o meno.
Ieri è stato il turno del ben noto Prado di Madrid dove ho potuto ammirare ulteriori opere di pittori che apprezzo in modo particolare, come Hieronymus Bosch (1453-1516, in Spagna noto col nome El Bosco), Pieter Bruegel il Vecchio, El Greco, insieme con altri dipinti che hanno attirato la mia attenzione.
Ho potuto così apprezzare El jardin de las delicias (foto di apertura), uno dei dipinti più noti di Bosch, ma c'erano anche il Carro di fieno, uno dei vari Tentazioni di Sant'Antonio, il tavolino dei Peccati capitali (foto a sinistra).
Di El Greco (1541-1614), si trovano molte opere fra le sue migliori o più note. Piaccia o non piaccia, il suo stile si distingue nettamente da quello dei suoi contemporanei per i colori vivi e contrastanti (gialli, verdi, arancio, blu, rossi) e i volti affilati delle persone come si può vedere nei seguenti dipinti: Adoracion pastores e Trinidad.
     
Fra i dipinti di Pieter Bruegel il Vecchio si fa notare il Trionfo della morte.

Al Prado mi sono anche imbattuto in dipinti singolari, di autori a me assolutamente  sconosciuti. Fra essi hanno attirato la mia attenzione il molto insolito Las ciencias y las artes, dipinto nel quale Adriaen van Stalbent mette a confronto chi verso la fine del XVI secolo si dedicava alla distruzione di opere d'arte (iconoclastia della Riforma protestante) e chi alla ricerca scientifica (vedi le due foto di dettaglio più in basso).

   
Sono anche venuto a conoscenza dell'esistenza dello stile ispano-fiammingo, incuriosito da questo originale San Michele arcangelo (Maestro de Zafra, fine XV sec.), rappresentato mentre si appresta ad uccidere il dragone, contornato da un nugolo di altri piccoli e molto fantasiosi draghetti e angeli. Divertente nella sua creatività e semplicità (oserei dire ingenuità), ma niente a che vedere con i maestri fiamminghi.

Ricordo a tutti che a partire da questa pagina del sito ufficiale del Prado, si possono trovare quasi tutte le opere esposte. Sono immediatamente proposti gli artisti più importanti, tutti gli altri si trovano elencati in ordine alfabetico e, cliccando sul loro nome, si accede alla pagina con i link alle foto.
Con questo sistema non solo si potrà esaminare accuratamente ogni singola opera guardandola nella sua interezza e ingrandendone i particolari, ma si potranno anche scaricare gratuitamente i file in alta definizione. 

Tante volte neanche stando davanti ad un dipinto si riescono ad apprezzare i piccoli dettagli che invece si possono scoprire osservandone l'immagine digitale.